Covid-19 non ferma la rotta balcanica, i flussi erano diminuiti in modo considerevole tra marzo ed aprile, ma dopo Pasqua hanno ricominciato a salire e solo la polizia di frontiera di Trieste ne ha rintracciati e registrati più di 220, gli ultimi 33 ieri mattina nei pressi di Basovizza, 16 questa notte ed altri 40 poco fa. La provenienza? Sempre la stessa, Pakistan e Afghanistan, persone che intraprendono un viaggio di due mesi, se non di più, per lasciare il loro paese e venire in Europa, un’Europa che si è ulteriormente sgretolata sotto i colpi del corona virus.
Individuarli tutti? Impossibile, ne abbiamo parlato con Lorenzo Tamaro, segretario provinciale del SAP di Trieste: una parte viene intercettata e gestita dalla polizia transfrontaliera, una parte dalle forze dell’ordine che rispondono direttamente alla Questura, e un’altra bella fetta non verrà mai vista e di conseguenza non rientrerà nei numeri che possiamo leggere.
Ma il tema dei numeri è ancora più insidioso, perché se andiamo a cercarli sul sito del Ministero dell’Interno, quelli di cui vi stiamo parlando non si trovano, lì si parla esclusivamente degli sbarchi, quelli che avvengono con i famosi barconi. La sola polizia transfrontaliera di Trieste nel 2017 ne ha fermati e registrati 451, nel 2018 ben 1.492, e nel 2019 i migranti fermati sono arrivati ad essere addirittura 3.243.
All’inizio dell’anno i numeri stavano crescendo ancora di più e se il gennaio 2019 ne aveva visti arrivare 54, quello di quest’anno 146, l’aumento c’era stato anche per febbraio, passato dai 65 dell’anno passato ai 125 di quello in corso; il corona virus aveva poi rallentato gli arrivi che nei due mesi successivi si erano abbassati, ma evidentemente la fase 2 è partita anche su questo tema ed i confini ricominciano e vedere un copioso passaggio di uomini, donne e bambini.
Tamaro ci spiega che gli uomini dedicati a questa attività non sono sufficienti, in condizioni normali l’organico dovrebbe essere composto da 120 unità(ora sono 100), ma le procedure straordinarie legate all’emergenza Covid allungano i tempi e le modalità di registrazione e di conseguenza aumentano l’affanno.
E i mezzi? Le cose non vanno meglio, i migranti una volta registrata la richiesta di asilo vengono trasferiti con le vetture d’ordinanza e questo mette a repentaglio la salute degli agenti, dei trasportati e ne allunga le tempistiche.
Quando un gruppo viene fermato, gli vengono registrati i documenti, gli viene chiesto se intenda fare richiesta di asilo, viene controllato da un punto di vista sanitario (cosa che in tempi di non emergenza covid-19 non verrebbe fatta) e viene portato alle strutture sanitarie.
Sono pochi i non richiedenti asilo, e questi vengo consegnati alle autorità slovene (ultimo paese di provenienza prima dell’ingresso in Italia), che li riconsegneranno a quelle croate, che a loro volta, con metodi non sempre ortodossi, li porteranno al confine con la Bosnia ed Herzegovina.
E una volta eseguiti i controlli sanitari e trasferiti alle strutture di accoglienza? Beh, da quel momento in poi la palla passa ad altri e inizia un nuovo capitolo.